Original Kriya Yoga

Novità


Questo sito è ora disponibile anche in ceco, inglese, francese, italiano e spagnolo. È possibile scegliere un’altra lingua dal menù sopra. A breve saranno disponibili delle traduzioni in altre lingue!


I sei volumi di Original Kriya Yoga: Step-by-Step Guide to Salvation sono disponibili su Amazon.


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Versione cartacea: Volume I, Volume II, Volume III, Volume IV, Volume V, Volume VI.


Programma per il 2020

Tra la fine di aprile e i primi di maggio 2020, Sri Mukherjee si troverà a Birmingham (Inghilterra) per organizzare incontri e dare l'iniziazione al Kriya Yoga originale. Per maggiori informazioni, inviare un'email a kriya.orig@gmail.com. Se la vostra madrelingua non è l'inglese, faremo il possibile per fare in modo che riceviate e capiate le istruzioni nella vostra lingua.

Guardate il Kutastha solo con la mente e non con gli occhi!

Questo messaggio è rivolto a tutti coloro i quali hanno intenzione di praticare seriamente il Kriya Yoga originale.

Sono venuto a sapere che quasi tutti i praticanti di Kriya Yoga stanno commettendo un errore enorme nella pratica del Kriya. Ho detto ripetutamente che «mentre si pratica il pranayam bisogna osservare il Kutastha facendo uso solo della mente, non si deve cercare di vedere il Kutastha con gli occhi fisici.» Gli occhi fisici ci mostrano solamente il mondo materiale. Non possono mostrarci il mondo interiore, non possono mostrarci il mondo divino!


Se osservate con gli occhi fisici, comincerete spontaneamente a sbattere le palpebre, provocando il sorgere di pensieri. Questo modo di praticare è sbagliato. Nessuno può giungere a un qualsivoglia sviluppo mediante una pratica di questo tipo, a meno che smetta di praticare in questo modo. Se volete ottenere sviluppi nel Kriya Yoga, dovete porre l’attenzione della mente senza coinvolgere gli occhi in alcun modo. Lasciate che lo sguardo interiore segua la mente; quest’ultima invece non deve seguire gli occhi. Cercate di capire questo punto mediante una pratica corretta, in modo da capire la differenza. Così facendo, spero che tutti siano in grado di capire la differenza.”

Questa è la ragione per cui durante l’iniziazione il vero Guru apre il terzo occhio, senza il quale nessuno è in grado di vedere il mondo divino e senza il quale non avrete nessuna visione di Dio.

Molte persone praticano il cosiddetto Spinal Breathing (respirazione lungo la colonna vertebrale, N.d.T.). È una stupidaggine che vi sta facendo perdere del tempo prezioso. Anche praticando questo metodo per una vita intera, non otterrete nulla. Anche se è possibile recuperare un oggetto andato perduto, non sarà mai possibile recuperare il tempo. Pertanto, cari praticanti di Kriya Yoga, non sentitevi in colpa per il tempo ormai perso; d’ora in avanti cercate di praticare il Kriya Yoga originale senza perdere neanche un minuto in più.

Nel Kriya Yoga non c’è spazio per l’immaginazione. Ogni cosa di cui facciate esperienza deve provenire dalla conoscenza diretta. Se nella respirazione lungo la colonna vertebrale la mente si muove costantemente su e giù, quando sarà possibile che si calmi completamente (diventando immobile)?

Il nostro scopo nel Kriya Yoga è di calmare la mente e non di renderla irrequieta.

Lettera da uno Yogi

Così tante persone sono alla ricerca del Kriya originale insegnato da Lahiri Mahasaya, eppure così poche trovano l’insegnamento vero.

Riporto sotto un’email che mi ha inviato uno yogi sincero e con alle spalle lunghi anni di pratica: “Ho letto e apprezzato moltissimo i suoi libri di Kriya Yoga. Rispecchiano gli insegnamenti e il modo di presentarli che ricevetti da Banamali. Mi chiedo se vi siate conosciuti.”

Per chi non lo sapesse, Banamali Lahiri [1916-2004] era il pronipote di Shyamacharan Lahiri, più conosciuto come Lahiri Mahasaya. Banamali era uno yogi riservato e di altissima levatura spirituale, che era solito ricordare che Shyamacharan Lahiri metteva in guardia i suoi discepoli in merito alla costituzione di organizzazioni, dato che avrebbero portato ad una degenerazione degli insegnamenti. È possibile reperire maggiori informazioni in merito a Banamali sul sito https://banmalilahiri.com/

Rangin Mukherjee

I segreti del Kriya Yoga Originale



Come rivelati da Swami Pranabananda Giri a Shri Gyanendranath Mukhopadhyay, l’autore di Pranab Gita, e al suo discepolo, Sri Rangin Mukherjee (Mukhopadhayay)

CONTATTO EMAIL: kriya.orig@gmail.com

Dedicato ai Piedi di Loto del mio Onorato Guru Shri Gyana Maharaj (Shri Gyanendranath Mukhopadhyay)

Se qualsiasi Kriya sadhak riceve beneficio dalla lettura di questo libro, mi sentirò benedetto. Prego l’onnipotente che tutti ottengano benessere fisico, mentale e spirituale.





Rangin Mukherjee

Lignaggio dei Guru




    Onorato Babaji Maharaj
    (Khitishwar Maharaj)




    Onorato Yogiraj Lahiri Mahasaya





    Il mio Param Gurudev,
    l'Onorato Paramhansa Pranabananda





    Il mio Gurudev, l'Onorato Gyan Maharaj (Shri Gyanendranath Mukhopadhyay)

    Capitolo 1

    Introduzione



    Ho visitato molti ashram di Kriya Yoga e sono rimasto sorpreso dal modo di impartire diksha (iniziazione) e da come vengono insegnate le tecniche.

    L’iniziazione data nel nome del Kriya Yoga non è per nulla Kriya Yoga. È uno yoga completamente inventato. Nessuno può progredire sul sentiero spirituale con questo tipo di iniziazione. Piuttosto, il ricercatore perderà sia tempo che fede. Il termine “Kriya Yoga” viene usato per fare soldi sia in India che in occidente. Gli individui che lucrano su queste attività hanno costruito grandi ashram e templi, vivendo nel lusso.

    Non è possibile diventare un Sanyasi semplicemente avendo i capelli lunghi o la barba, vestendosi con una veste color zafferano o cantando mantra sacri. Sri Ramakrishna Paramahansa definì Sanyasi come colui o colei che ha ottenuto il distacco dal piacere sessuale (kamini è la parola usata in Bengali) e dal piacere del benessere materiale (kanchan in Bengali). Una persona di questo tipo ha percorso l’80% del cammino verso Dio.
    Il mio onorato Gurudev Shri Shri Gyanendranath Mukhopadhyay (Mukherjee), venerato Gyana Maharaya, 5-7 giorni prima del suo mahasamadhi mi disse che una persona è un vero Sanyasi se ha portato a termine tutto il lavoro. Poi indicò con un dito sé stesso, dicendo: “Un autentico Sanyasi è seduto davanti a te. Ho compiuto tutto il lavoro (nel senso che aveva completato tutto il lavoro sui sei chakra e sul sahasrara, il loto dai mille petali collocato alla sommità del cervello); non mi resta altro lavoro da fare. Adesso mi sto godendo la pensione datami da Dio.” Prima del mahasamadhi disse anche: “Questa à la mia ultima nascita.”

    Quindi, rinunciare al desiderio sessuale e alla ricchezza, oltre a compiere tutto il lavoro (karma-tyag in bengali: significa completamento di tutti i Kriya e i mudra effettuati sui sei chakra e sul sahasrara), non è facile. Per questo motivo è necessario praticare Kriya correttamente. Yogiraj Lahiri Mahasaya scrisse a uno dei suoi discepoli che praticare due Pranayam correttamente è meglio che farne duecento in maniera errata. Si può ottenere il distacco dai desideri mediante la pratica corretta di questo Kriya Pranayam. A meno che non si esegua perfettamente il Kriya Pranayam (Uttam Pranayam), non è possibile ottenere una compresione spirituale profonda e sottile.

    Per raggiungere tale stadio di perfezione nel Kriya Pranayam bisogna praticare il Kriya Yoga giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Per questo bisogna avere pazienza e fede. Una volta che si raggiunge lo stadio del Kriya Pranayam perfetto, è molto facile concludere il resto del percorso spirituale. Per questa ragione, all’inizio viene richiesto di praticare con pazienza. Poi si raggiunge lo stadio di piena beatitudine e ci si dimentica del proprio passato nel mondo.

    Ho visto che subito dopo l’iniziazione in molti cominciano a praticare Kriya per alcuni mesi pieni di zelo e di entusiasmo. Ma visto che non ottengono nessuna sensazione o visione spirituale, perdono interesse e abbandonano la pratica del Kriya, ricominciando a vivere in modo ordinario. Dovrebbero ricordare ad ogni modo che per ottenere risultati in qualsiasi tipo di lavoro sono richieste perseveranza e pazienza. Non è possibile ottenere l’illuminazione spirituale come per magia.

    È per questo motivo che il Signore Sri Krishna dette istruzioni nella Srimad Bhagavad Gita secondo cui bisogna compiere il lavoro senza alcun tipo di attaccamento nei confronti del risultato (nishkam karma). Cosa significa nishkam karma? Vuol dire praticare il Kriya correttamente e seguendo le istruzioni del Guru senza preoccuparsi dei risultati. I risultati arriveranno sicuramente, ma all’inizio è obbligatorio avere perseveranza, pazienza e fede. Praticando in questo modo, si finirà il Kriya nei Sei Chakra (perforando il nodo di ajna chakra) e potranno cominciare il Kriya della devozione (Bhakti) e della conoscenza (Jnana) nel sahasrara.

    Il Kriya Yoga dovrebbe essere appreso direttamente da un Guru. Per questo motivo viene chiamato Gurumukhi Vidya, che significa conoscenza da ottenere direttamente dalla bocca del Guru. Non si dovrebbe cercare di praticarlo dopo aver letto dei libri. È pericoloso. Perciò, prima di tutto ottenete l’iniziazione da un Guru autentico (Satguru), capite bene le tecniche e cominciate la pratica.

    Persone di ogni appartenenza religiosa possono praticare il Kriya Yoga perché il Kriya Yoga è una sadhana dell’Onnipotente.

    Nel Kriya Yoga non c’è bisogno di usare strumenti terreni come bastoncini d’incenso, fiori, foglie, conchiglie, campane ecc. che di solito si usano per adorare le divinità. Piuttosto, un Kriya Yogi usa solamente il proprio corpo, la Forza Vitale (Prana), la mente e i mantra. Dato che questa Sadhana si basa completamente sul modo spirituale interiore, non c’è alcun legame con il mondo esterno.

    Nel mondo esterno la mente è dispersa. La tecnica mediante la quale la mente entra nel mondo spirituale interiore con l’aiuto della Forza Vitale sottile viene chiamata Kriya Yoga. Il modo di prendere questa forza dal mondo esterno e di portarla al mondo interiore viene descritta nel prossimo capitolo.

    Capitolo 2


    Concetti teorici Kriya Yoga & Mantra Yoga



    Se si pratica il Kriya Yoga seguendo le procedure corrette, il/la praticante può progredire rapidamente lungo il cammino spirituale. Comincerà a fare esperienza della visione interiore e delle sensazioni spirituali. Raggiungere l’obiettivo è molto facile. Se si pratica correttamente, è possibile ottenere la salvezza in questa nascita o durante la prossima.

    Invece, ottenere la salvezza con il Mantra Yoga è un processo lungo. Nel Mantra Yoga la visione interiore diretta e le sensazioni spirituali si ottengono molto tardi, sempre che si ottengano. Nel Kali Yuga (l’attuale epoca materialista viene detta Kali Yuga), la durata della vita umana è molto limitata. Perciò credo che la pratica del Kriya Yoga sia il miglior modo di ottenere un rapido progresso spirituale e di raggiungere la salvezza.

    Perché dovremmo praticare il Kriya Yoga?

    Si dovrebbe praticare il Kriya Yoga per liberarsi una volta per tutte dal dolore ciclico di nascita e morte. Inoltre, nella nostra vita dalla durata limitata tutti quanti soffriamo di dolore terreno. Da un lato, con l’aiuto del velo (Maya) e l’attrazione verso il mondo materiale (moha: oblio della natura del vero sé) Dio ha creato una schiavitù per gli esseri umani, che diventano prigionieri di questo mondo di nascita e morte. Dall’altro lato, Dio ci ha dato il modo di diventare liberi. Ha dato agli esseri umani l’intelligenza e la mente logica per poter decidere quale strada scegliere.

    Se non vi emancipate dall’attrazione per il mondo materiale ora, quando lo farete? Per un po’ di gioia momentanea, l’essere umano dimentica la gioia e la beatitudine eterna. Non c’è tempo da perdere, quindi non perdiamone altro e muoviamoci nella direzione della salvezza. Il Kriya praticato in questa vita viene conservato per la prossima, e gli sforzi profusi nel Kriya Yoga non sono mai invano. Altrimenti ve ne andrete a mani vuote verso le tenebre sconosciute della morte.

    Il Signore Sri Krishna pronunciò quanto segue nella Srimad Bhagavad Gita:

    "Nehavikramanasti pratyabayo na bidyate salpamapasya dharma trayate mahato vayat" (2:40)

    “In esso nessuno sforzo è perduto, né c’è alcun danno (la produzione di trasgressioni o di risultati contrari). Anche un po’ di questa conoscenza (anche una piccola pratica di questo Yoga) protegge da grandi timori.” (Sia lo stato di nascita che quello della morte sono molto dolorosi e terrificanti. Prima della nascita, il bambino si trova nell’utero della madre in una posizione molto scomoda. La morte è ancora più dolorosa, perché da un lato il morente sente il dolore causato dall’attaccamento terreno a persone e cose. Soccombe al respiro, ma non riesce a respirare. Inoltre, dopo essere morto entra in uno stato di completa oscurità in cui non capisce in che condizione si trova). Se pratica correttamente Kriya Yoga ma non raggiunge la salvezza in questa nascita, otterrà nuovamente il Kriya Yoga nella prossima rinascita e raggiungerà molto facilmente gli stadi ottenuti nell’incarnazione attuale. Quindi, non gli resterà che percorrere la parte restante.

    Siddharta abbandonò il suo regno e la vita nel lusso dopo aver visto la sofferenza provocata da vecchiaia, malattia, morte ecc. Si immerse in una Sadhana profonda, mediante la quale ottenne il Nirvana e diventò Gotama il Buddha. Si era reso conto che un giorno avrebbe dovuto affrontare quelle stesse sofferenze, quindi abbandonò ogni attaccamento ai piaceri mondani. Dimenticò il suo passato e cominciò a praticare yoga sadhana con rinnovato entusiasmo e zelo.

    Gli stati mentali possono essere classificati in cinque stadi. Il primo stadio è quello della pazzia, in cui la mente non riesce a capire la propria condizione né dove si trova. In questo stato, la mente si riempie di modelli di pensiero che una mente normale non riuscirebbe nemmeno lontanamente ad immaginare. Swami Vivekananda attraversò questa fase e la menzionò in uno dei suoi libri.

    Il secondo stadio è la sensazione di completa irrequietezza, in cui la mente dondola da un oggetto materiale all’altro. Nel terzo stato, la mente alterna fasi di irrequietezza a fasi in cui cerca di concentrarsi per rimanere statica. Dato che in questo stato la mente sfiora anche solo per qualche istante la fase statica, la realizzazione divina inizia da qui.

    Il quarto stato della mente è lo stato di concentrazione, in cui la mente si concentra su uno specifico oggetto spirituale o chakra. Il quinto stato della mente è quello del samadhi, in cui la mente perde la propria esistenza divisa e indipendente (come entità) e si fonde in completa beatitudine. La vera e propria realizzazione spirituale comincia nel terzo stadio, perché in tale stadio la mente resta a tratti statica. Lo stato della mente irrequieta corrisponde al vizio, quello di mente statica alla virtù. Perciò, per favore, propendete per lo stato statico. Sicuramente ne deriveranno benedizioni (Kripa).

    Anche l’uomo comune può raggiungere lo stato di un grande sadhaka in seguito a una Sadhana compiuta in diverse vite, ottenendo lo stadio di eterna beatitudine (Brahmananda). Perciò, dovremmo seguire il percorso segnato da queste persone eccezionali e praticare così come ci hanno suggerito.

    Ma state attenti a una cosa: quando avanzate lungo il percorso del Kriya Yoga, qualsiasi visione o sensazione spirituale otteniate, anche se per errore, non dovreste mai condividerla con nessuno oltre al vostro Guru. Vi arriveranno diversi poteri occulti (Vibhuti), ma non dovreste accettarli. (Vengono descritti nel Capitolo 7).

    Se accettate questi poteri, verrete sviati dal sentiero spirituale e non potrete progredire oltre nel cammino. Avrete compiuto tutta la sadhana invano. I poteri occulti vengono offerti solamente da Dio, che testa in questo modo se il sadhaka è veramente alla ricerca di Dio, oppure se quello che cerca sono i poteri occulti. Se desiderate questi poteri, potrete ottenere fama, denaro e prestigio sociale. Tutto ciò provocherà una crescita dell’orgoglio e dell’arroganza, portandovi alla rovina. State attenti, altrimenti rovinerete il vostro stato sia prima che dopo la morte. Quindi, state attenti. Praticate la sadhana in privato; nessuno dovrebbe vedere quello che fate.

    Quelli che hanno paura di fantasmi e spiriti dovrebbero sapere una cosa: quando praticate il Kriya, nessuno spirito o fantasma può penetrare entro circa 450 metri dalla vostra circonferenza. Quindi, se vedete o sentite qualcosa che vi spaventa, percepitelo solamente come spirituale. Non dovete avere paura di spiriti o fantasmi. A volte, all’inizio, mentre si pratica Kriya, nella stanza è possibile percepire un buon odore di incenso o di fiori, come al tempio o in chiesa. Tutte queste cose accadono al sadhaka mentre entra nel mondo spirituale sottile.

    Capitolo 3

    Teoria & Pratica del Kriya Yoga Originale


    Cos’è il Kriya Yoga Originale?

    Kriya Yoga, Raja Yoga o Brahma Vidya (studio di Brahma) sono la stessa cosa. L’onorato Babaji Maharaja (che è ancora in vita oggi all’età di circa 500 anni) dette questa eccellente sadhana al suo più caro discepolo, l’onorato Yogiraj Shyamacharan Lahiri Mahasaya, per mostrare il cammino di illuminazione alle persone comuni dell’attuale era materialistica. Il Signore Sri Krishna dette questo Kriya Yoga al suo discepolo più amato, Arjuna. La descrizione dettagliata di questa tecnica è stata spiegata stupendamente dal mio Gurudeb Shri Shri Gyanendranath Mukhopadhyay (Gyana Maharaja) nella sua opera Pranab Gita. Il libro Pranab Gita venne scritto dal mio Gurudeb e si basa sulla sua illuminazione spirituale e sui consigli spirituali da parte del guru del mio guru, Gurudeb Pranabananda Paramhansa [Paramhansa Pranabananda fu il successore spirituale di Yogiraj Shyamacharan Lahiri].

    Yoga Sadhana si divide in otto livelli: controllo dei sensi (yama), disciplina ferrea (niyama), postura corretta (asana), controllo delle forze Vitali (pranayam), ritiro dai sensi esteriori (pratyahar), concentrazione della mente su un particolare oggetto o pensiero (dharana), sprofondare fino quasi a fondersi con la Verità Eterna (dhyana). Successivamente, il sadhaka si fonde con la Verità Eterna e diventa quella (samadhi).

    Malgrado il fatto che questi livelli siano comuni sia al Kriya Yoga che al Raja Yoga, ci sono anche alcune differenze. Ci sono alcuni mudra e tecniche particolari che vengono incluse nel Kriya Yoga a beneficio della pratica del Kriya – ad esempio Mahamudra, Khechari Mudra, Yoni Mudra, e oltre a questi Navi Kriya, primo Kriya, secondo Kriya, terzo Kriya, quarto Kriya, Granthi Veda Kriya (Kriya per la perforazione dei nodi), ida-pingala sodhan Kriya (Kriya per la purificazione di ida e pingala nadi) ecc. ecc. Dal Patravali di Lahiri Mahasaya (Ghirlanda di Lettere) veniamo a conoscenza del fatto che scrisse a uno dei suoi discepoli che “Tutto è ottenibile con il primo kriya. Parabastha e l’intossicazione Divina, c’è tutto nel primo Kriya.” Il mio Guruji diceva inoltre che è possibile raggiungere il samadhi anche solo con il primo Kriya.

    Al giorno d’oggi, alcuni individui hanno dato vita ad attività commerciali in India e in Occidente nel nome del Kriya Yoga (e anche nel nome del “Kriya Yoga Originale”). Per mostrare la propria superiorità nei confronti degli altri, a questo semplice Kriya Yoga hanno aggiunto molte tecniche non necessarie e di difficile esecuzione. Quindi, mi rivolgo ai lettori chiedendo di non cadere in queste trappole commerciali.

    Il primo Kriya comprende asana (sedersi in posizione corretta), pranayam (Kriya per il controllo della Forza Vitale), Yonimudra, Mahamudra e parabastha (pratyahar - ritiro della mente dai sensi esterni). Praticando questo Kriya`è possibile raggiungere lo stadio di dharana, dhyana e samadhi. Avviene tutto automaticamente. L’unico requisito è amore verso Dio, devozione, e praticare il Kriya correttamente. Questo è il Kriya originale impartito da Yogiraj Shyamacharan Lahiri Mahasaya.

    Diksha è come un seme, e la sadhana quotidiana di questi kriya è come l’acqua. Sia diksha che sadhana lavorano assieme per la crescita spirituale del sadhak. L’iniziazione non consiste solamente nella rivelazione delle tecniche del kriya. C’è di più. È il trasferimento della scintilla di luce da un’anima a un’altra, e connette il sadhak con il lignaggio di Sri Lahiri Baba, Swami Pranabananda Giri e Sri Gyanendra Nath baba. Questo trasferimento attiva l’energia divina dormiente all’interno del/della sadhak e spinge la sua coscienza verso uno stato più positivo e sattvico.

    Diksha/iniziazione è un evento estremamente segreto tra Guru e discepolo! Non viene mai eseguito in massa o in pubblico (né tantomeno online!). Stabilisce un legame indistruttibile tra Guru e discepolo. Senza diksha, la sadhana è inutile.

    Capitolo 4

    Il mistero del Kriya Yoga (Kriya Yoga Rahasya)




    Il mistero del Kriya Yoga consiste nel concetto fondamentale di oltrepassare i limiti della mente e dell’intelletto mediante l’osservazione delle Forza Vitale (prana) e la fusione dello spirito individuale (Jivatma) con lo Spirito Eterno (Parmatma). Quindi, per prima cosa bisogna praticare il Kriya facendo uso dei sei centri energetici lungo la colonna vertebrale (Shat Chakra). Poi, si perforano i chakra uno dopo l’altro e per finire si perfora l’ajna chakra. Questo passaggio costituisce la fine della pratica del Kriya nei sei centri energetici della colonna vertebrale.

    Dopo questo, comincia il Kriya nel campo dell’intelletto (Budhi Kshetra) e nel campo dell’Eternità (Parama Kshetra).

    Tutto ciò accade con il Kriya Yoga. Prima di venire a come bisognerebbe praticare il Kriya Yoga, è necessario capire chiaramente qual è il rapporto tra la Forza Vitale (prana), mente (mana), intelletto (budhhi), spirito individuale (Jivatma) e spirito eterno (Parmatma).

    Se l’inalazione e l’esalazione del respiro diventa frequente e fuori controllo, la mente si agita. D’altra parte, se la mente si agita, la respirazione diventa frequente e fuori controllo. Sia la mente che il respiro sono interdipendenti. Dato che la natura del respiro è di natura densa (sthula in sanscrito), mentre quella della mente è sottile (sukshma in sanscrito), è facile controllare prima il respiro perché mediante il controllo dell’elemento denso è più facile controllare quello sottile. È questa la ragione per cui è necessario in primo luogo controllare il respiro con l’aiuto del pranayam. Poco a poco, diventerà sottile.

    Inoltre, si dovrebbe chiarire a livello concettuale il rapporto e le differenze che intercorrono tra respiro, Forza Vitale e mente, altrimenti ci si confonderà. Il respiro è controllato dalla Forza Vitale; comunque, esso non può essere definito come Forza Vitale diretta. La forza, o l’energia, che ci aiuta a incanalare aria nell’inspirazione e a espellere l’aria con l’espirazione non è altro che la Forza Vitale. Questa Forza Vitale è distribuita lungo tutto il corpo. Tutti gli organi interni sono controllati da questa Forza Vitale. È per questo motivo che se manca la Forza Vitale gli organi interni smettono di funzionare, e il corpo in queste condizioni viene dichiarato morto. La Forza Vitale può essere paragonata all’elettricità che fa funzionare il motore (il cuore nel caso del corpo umano) e il motore (il cuore) a sua volta fa funzionare la macchina (i polmoni).

    Detto in modo più facile, si può spiegare così: inizialmente, mediante il controllo della respirazione (pranayama), il respiro dovrebbe passare da sottile a estremamente sottile. Lo stato di questo respiro estremamente sottile equivale alla Forza Vitale. Lo stato della Forza Vitale equivale alla mente, mentre lo stato della mente sottile equivale all’intelletto. A sua volta, lo stato sottile dell’intelletto equivale allo spirito individuale (Jivatma), e lo stato estremamente sottile dello spirito equivale allo spirito universale (Parmatma).

    Mano a mano che la Forza Vitale si fa più sottile, prana vayu (respirazione) diventa estremamente sottile, e non passerà attraverso il naso, ma si muoverà all’interno del corpo attraverso la sushumna. In questa condizione di kumbhak (*) il prana o Forza Vitale si muove all’interno della sushumna e a poco a poco la mente si fonde con la Forza Vitale; a questo punto, cominceranno a muoversi insieme. Mediante questa Forza Vitale e la mente, bisogna forare i sei chakra.

    È stato visto che dopo aver forato ajna chakra non sussiste più alcun rapporto tra mente e Forza Vitale. Dopo questo punto, la mente diventa più sottile, fondendosi con l’intelletto; è qui che comincia il Kriya nello spazio dell’intelletto. In seguito al completamento del Kriya nello spazio dell’intelletto, esso diventa sempre più sottile e si fonde con lo spirito individuale (Jivatma). A questo punto, è necessario portare lo spirito individuale nello spazio dello spirito eterno (Parmatma) e fondere Jivatma con Parmatma. Infine, è necessario forare mula chakra e sommergersi nel Brahma senza forma (Nirguna Brahma). A questo stadio viene dato il nome di Brahmalin.

    (*) KUMBHAK: ora descriverò ai lettori la scienza di questa respirazione sottile. Un uomo comune respira 21.600 volte a giorno, che equivale a 15 volte al minuto (in condizioni normali). Dopo l’espirazione, l’aria percorre la lunghezza di 12 dita dalle narici. Se una persona riesce a ridurre la lunghezza di questo percorso di 1 dito, ne conseguirà una riduzione del ritmo della respirazione di 1.25 volte al minuto (ad esempio quando la distanza percorsa dall’aria dell’espirazione è di 11 dita, il ritmo dell’espirazione sarà di 13,75 al minuto). Così, il ritmo della respirazione arriva a zero quando il respiro non esce dalle narici. Questo stadio è definito kumbhak.

    Praticando kumbhak, la longevità aumenta. Alla nascita ci è assegnato un numero fisso di respiri che abbiamo a disposizione per tutta la vita (tale quantità viene stabilita dall’Onnipotente). Nelle scritture, le attività che fanno aumentare il ritmo della respirazione vengono chiamate vizi in quanto riducono la durata della vita; le attività virtuose invece sono quelle che rendono la mente tranquilla, e che quindi fanno diminuire il ritmo della respirazione. Dato che non vi è respirazione durante il kumbhak, la durata della vita si allunga. Secondo le scritture, nel Kali Yuga la durata della vita di una persona comune è di 124 anni, e si riduce a causa dei ritmi frenetici della vita moderna, l’inquinamento, le abitudini alimentari e lo stress. Ad ogni modo, il kumbhak allunga la vita degli yogi.

    Capitolo 5

    Tecniche e pratica del Kriya Yoga




    Come descritto in precedenza, ci sono otto livelli in comune tra Kriya Yoga e Raja Yoga. Essi sono: controllo dei sensi (yama), disciplina ferrea (niyama), postura corretta (asana), controllo della Forza Vitale (pranayam), ritiro dai sensi esteriori (pratyahara), concentrazione della mente su un particolare oggetto o pensiero (dharana), sprofondare fino quasi a fondersi con la Verità Eterna (dhyana), e per ultimo il/la sadhaka diventa una cosa sola con la Verità Eterna (samadhi). I primi cinque livelli, ovvero yama, niyama, asana, pranayam e pratyahara vengono compresi nel Karma Yoga (Yoga dell’azione), mentre dharana, dhyana e samadhi sono Kriya che si svolgono nel campo dell’intelletto (buddhi) e del divino (paramkhetra). Quindi, si tratta di Kriya della devozione e della conoscenza, o anche Kriya effettuati nel sahasrara.

    YAMA: La prima cosa importante è il cibo. Se il cibo assunto dal/dalla sadhaka non è di natura sattvica, non è possibile alcun miglioramento spirituale. Questo perché, se il corpo si agita, anche la mente si agita. Quelli che seguono sono esempi di cibo sattvico (bisogna far notare che alcuni cibi non dispongono di traduzione in italiano): zucca appuntita (Parwal in hindi o Patal in bengali), saak (verdure a foglia verde), Chana dal (zuppe di legumi, N.d.T.), fagiolo indiano verde/fagiolo mungo verde, caiano (un tipo di legume simile alla lenticchia rossa, N.d.T.), carboidrati (Sarkara), latte, latte condensato (Kheer), ghee (burro chiarificato, N.d.T.), frutta, ecc. (Nota al lettore: verdura e frutta sono considerati cibi sattvici).

    Per chi è abituato a mangiare cibo non vegetariano, è possibile mangiare pesci di piccola taglia. A seguire degli esempi di cibo rajasico: uova, pollo/cappone, cipolla, aglio, senape, finocchio fetido (Hing), ecc. Questi cibi creano agitazione nel corpo e nella mente, distruggendo lo stato di quiete, quindi vanno evitati. Se si consumano, calerà un velo sull’occhio apirituale (abaran) oppure avverrà come una deviazione o un respingimento (bikshep) (di questi termini parleremo più approfonditamente nella sezione dedicata al PRANAYAM).

    Esempi di cibo tamasico (cioè che provoca tamas guna nel corpo): cibo confezionato o già pronto, cibo troppo amaro, troppo caldo o troppo freddo. Tamas guna provoca pigrizia, sonnolenza e mancanza di entusiasmo nel corpo.

    A parte questi accorgimenti, viene consigliata la lettura di libri spirituali, la compagnia di persone spirituali, le conversazioni in merito a temi spirituali, e mantenere un comportamento onesto. Bisognerebbe leggere un passo della Gita quotidianamente.

    Bisognerebbe evitare assolutamente di prendere parte in discussioni su altre persone e di criticare gli altri. Non bisognerebbe essere troppo dipendenti dagli altri. Non è desiderabile spettegolare o prendere parte in dispute. Non bisognerebbe lavorare fino allo sfinimento o guardare la televisione né film. In generale, bisognerebbe essere ciechi, sordi e muti (ciò significa non vedere nulla di negativo, non dire nulla di negativo e non ascoltare nulla di negativo). Può essere difficile, ma è possibile. Oltre a seguire queste indicazioni, anche il celibato sessuale (Brahmacharya) è importante, altrimenti non sarà possibile percepire le sensazioni spirituali sottili del mondo interiore.

    Non bisognerebbe mangiare a stomaco pieno. In altre parole, bisognerebbe mangiare fino al punto in cui c’è ancora un po’ di spazio nello stomaco (bisognerebbe smettere di mangiare quando si ha ancora un po’ di appetito). Pranayam non avverrà in coloro che assumono cibo in eccesso. Non bisognerebbe praticare il Kriya prima di 5-6 ore dopo un pasto. Se si seguono queste indicazioni, è possibile progredire rapidamente lungo il sentiero spirituale. All’inizio si potrebbe essere scoraggiati o demotivati (questo stato del sadhaka è descritto nel primo capitolo della Sri Bhagavad Gita: “Arjuna Vishada Yoga”), ma quando si comincia a percepire la beatitudine spirituale, le gioie terrene diventano insignificanti.

    NIYAMA (DISCIPLINA): il Kriya quotidiano dovrebbe essere praticato alla stessa ora e per la stessoa durata temporale: “Se qualche giorno provo gioia durante il Kriya, allora quel giorno allungherò la pratica” o “un altro giorno non provo nessuna gioia facendo Kriya, quindi ne farò di meno.” Praticare il Kriya in questo modo non sarà di aiuto. Il Kriya quotidiano dovrebbe essere praticato seguendo una disciplina ferrea. Ma ad ogni modo, man mano che si pratica, anche la pratica di Kriya si allungherà spontaneamente.

    Bisognerebbe praticare Kriya con la mente priva di preoccupazioni. Ciò aiuterà a fare rapidi progressi lungo il sentiero del Kriya. Il Kriya quotidiano dovrebbe essere praticato almeno due volte al giorno. Se si pratica Kriya ogni giorno alla stessa ora, si noterà che a quell’ora la mente si calma automaticamente. In uno stadio avanzato si può praticare Kriya quando si vuole, e per quanto che si vuole, perché a questo stadio sia la mente che il Prana sono sotto il controllo del sadhaka. Il peggior nemico della pratica del Kriya è il rumore, pertanto bisognerebbe praticare in un ambiente calmo e senza rumori.

    ASANA: ora parliamo di asana (posizione in cui sedersi durante la sadhana). Esistono molte posizioni diverse, ma per il Kriya va praticata Siddhasana o Swastikasana, dato che sono le migliori e le più semplici.

    Dopo essersi seduti secondo l’asana, si deve inalare a pieni polmoni e stare seduti mantenendo l’espansione del petto. Le mani vanno mantenute aperte. La posizione o asana deve rispettare lo stato di Samakaya Siragriba: sama significa “lungo la stessa linea retta”, kaya significa corpo, sira significa testa e griba significa spalle. Vuol dire quindi che la colonna e la testa vanno mantenute lungo la stessa linea retta. Il mento va abbassato leggermente, verso la gola.

    A questo punto bisogna praticare per mantenere il corpo completamente immobile, dato che se il corpo non raggiunge la completa immobilità non è possibile praticare correttamente pranayam. Il supporto su cui ci si siede deve essere preferibilmente come segue: per primo un cuscino di Kusha (Desmotachya bipinnata, N.d.T.), su cui si adagia una coperta, sopra la quale si appoggia un panno di seta. (al giorno d’oggi può essere complicato ottenere Kusha; come alternativa è possibile usare una coperta di lana bianca o comunque di colore uniforme, sopra la quale andrà steso un panno di seta di buona qualità).

    Durante la pratica di Kriya bisogna fare attenzione che nessuna parte del corpo sia a contatto con il pavimento, altrimenti questo assorbirà l’energia generata dalla pratica di Kriya. Mentre si pratica il Kriya, bisogna stare attenti che mastak granthi (il Nodo presente nella testa, che si trova fisicamente nel midollo allungato) e chakra ajna siano collocati parallelamente al suolo. Se durante la pratica del Kriya si nota che il midollo allungato scende e che il chakra ajna va verso l’alto, è un indice che la mente non si trova nel chakra ajna, ma sta vagando da un pensiero all’altro. Mentre si pratica Kriya bisogna prestare attenzione a ciò.

    PRANAYAM: ora parliamo della parte principale della sadhana, cioè del pranayam. La sadhana presenta due ostacoli principali: uno è abaran (velo sull’occhio spirituale) e l’altro consiste in una deviazione/respingimento (bikshep). Abaran copre Dio in modo simile a una nuvola che copre il sole. Il sole resta sempre presente, ma quando una nuvola lo copre sembra che il sole sia sparito. Allo stesso modo, Dio è sempre presente nel Kutastha, ma, per effetto di abaran, non siamo sempre in grado di percepirLo. Sotto l’effetto di bikshep invece, se si prova a mantenere la mente laddove è presente Dio, questa verrà deviata. Mediante la pratica del pranayam e mantenendo una ferrea disciplina di yama e niyama, questo abaran (velo sull’occhio spirituale) svanisce gradualmente e bikshep viene rimosso.

    A causa di abaran, quando chiudiamo gli occhi, non vediamo altro che oscurità. Il cielo interiore brillerà sempre di più mano a mano che il velo di abaran svanisce, e ci troveremo sempre più vicini a Dio. Distruggere abaran e bikshep è la fase più importante della sadhana.

    Anche si ci sono molti tipi diversi di pranayama, il pranayama naturale, cioè quello che riceviamo alla nascita (Sahaja Pranayam), è il migliore.

    Questo pranayam venne impartito dal Signore Sri Krishna al suo amato discepolo Arjuna. In questo pranayam all’inizio bisogna ricordare il Pranab mantra (OM) su ogni chakra, seguendo la naturale inspirazione ed espirazione. Mentre si pratica il pranayam, la mente deve restare fissa su Kutastha, cioè nel punto centrale del chakra ajna. Il chakra ajna si trova nel punto tra le sopracciglia.

    All’inizio è molto difficile localizzare il punto centrale di ajna chakra, il Kutastha, ed è per questo motivo che l’attenzione dovrebbe essere mantenuta al centro delle sopracciglia, concentrandosi sul centro di qualsiasi figura o forma che appaia. Questa pratica va effettuata senza sforzare gli occhi, e poi lo sguardo va fissato automaticamente al centro. La mente non deve spostarsi da questo punto. La tendenza della mente sarà quella di spostarsi, ma bisogna riportarla sempre sul punto fisso tra lo sopracciglia, praticando il Pranayam.

    In questo modo, la mente e il prana si muovono all’unisono nel punto tra le sopracciglia. Questo processo viene descritto dal mio Onorato Gurudeb come l’azione di mantenere la mente con il prana o Forza Vitale (prane mon deoa in bengali). Questo è il Kriya dei sei chakra. All’inizio non bisogna forzare la respirazione in nessun modo. All’inizio, le nadi nel corpo sono bloccate. In queste condizioni, una respirazione forzata può causare problemi e malattie. Ostacolerà anche lo sviluppo spirituale.

    Come descritto, il Pranayam deve essere praticato giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Non bisogna perdere la pazienza. È per questo che Thakur Ramakrishna (letteralmente, Thakur significa Dio, ed è un termine usato in bengali per riferirsi a una persona divina) disse “chi ha pazienza sopravvive, ma chi perde la pazienza verrà distrutto”. In questo modo, dopo aver praticato pranayam a lungo, pranayam si fa dapprima sottile, e poi estremamente sottile.

    Un giorno la mente si fisserà sul punto tra le sopracciglia, ma fino a quel momento bisogna continuare a praticare il Kriya come appena descritto. Quando la mente si stabilizza nel punto tra le sopracciglia, il respiro diventerà estremamente sottile. A questo punto, si deve forzare il respiro durante il Kriya Pranayam. Poi, la mente verrà travolta da una gioia immensa, mai provata prima. Bisognerà praticare il Kriya fino a che non si oltrepasserà la parte inferiore del Kutastha. Non appena la mente va oltre il chakra ajna ha termine il Kriya dei Sei Chakra. A questo punto, la mente e la Forza Vitale si stabilizzano, e il Kutastha sarà penetrato da una forza sconosciuta (la forza di Dio), che poi farà salire la mente e la Forza Vitale fino al sahasrara.

    Gesù Cristo allude alla stessa cosa nella Bibbia, “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto” (Matteo 7:7). In questo passo Gesù non ha indicato nessuna porta di legno. È la porta del Kutastha. Con il Kriya Pranayam, il sadhaka bussa ogni giorno al centro delle porte dei sei chakra, aprendoli uno ad uno, e poi raggiunge il centro di ajna chakra. Il centro di ajna chakra o Kutastha può essere aperto solamente con Kripa (benedizioni) da parte di Dio. Egli vede che il sadhaka Gli è arrivato vicino, quindi apre la porta del chakra ajna e porta il sadhaka al sahasrara. Prima di perforare il Kutastha, il sadhaka mantiene la concentrazione sul lato a est del corpo, e dopo averlo perforato, si concentra sul lato a ovest [la parte anteriore del corpo è l’est, mentre quella posteriore è l’ovest].

    Bisogna ricordare una cosa: dopo la pratica dei Kriya Pranayam e dei mudra non bisogna alzarsi subito. Bisogna prima prendersi del tempo, da seduti, per concentrare la mente sul Kutastha. Ciò viene chiamato Kriya del pratyahar o anche Kriya per il ritiro dai sensi esteriori. Quando si percepisce l’intossicazione divina o l’estasi, non si deve praticare nessun Kriya. La mente resterà fissa sul Kutastha. Il sadhaka sarà colmo di intossicazione divina, dimenticandosi di sé. Sente di essere stato in una condizione di beatitudine totale, ma non riesce a ricordare esattamente lo stato in cui si trovava. Non vorrà aprire gli occhi, farà fatica a parlare, oppure non vorrà ascoltare nulla. Non proverà fame né sete. Anche mentre cammina, i suoi passi non saranno perfettamente fermi a causa del suo stato di intossicazione Divina.

    Dopo questo punto, i Kriya di dharana, dhyana e samadhi potranno essere percepiti automaticamente nel sahasrara.

    Capitolo 6

    Un concetto errato del Kriya Pranayam




    Il Kriya Yoga che viene insegnato oggi è falso! Non è il vero Kriya di Lahiri Baba. È un Kriya inventato! Nel Kriya la parte più importante, l’anima della tecnica, è il pranayama, che ai giorni nostri è stato completamente inquinato dai cosiddetti guru del Kriya Yoga! Il pranayama che viene insegnato è pericoloso non solo per la mente del praticante, ma anche per il corpo! Viene insegnato che bisogna forzare il respiro verso l’alto, forzando l’inalazione e l’esalazione, e spostando l’attenzione da un chakra all’altro all’interno della colonna! Questa forzatura del respiro può provocare danni temporanei alle nadi sottili del corpo, causando mal di testa e malessere.

    Questo è sbagliato. Ogni commento di Lahiri Mahasaya dice “Porta l’attenzione su ajna chakra e lì stabilizza il prana.” Questo è il vero Kriya di Lahiri Mahasaya. Nel Kriya genuino, la respirazione è leggera e gentile, non comporta nessuno sforzo, mentre la mente resta fissa su un punto per ottenere una maggiore concentrazione. Tutto resta naturale!

    Se praticate il Kriya con pazienza e fede cieca, giungerete al risultato. Sarete liberi dal ciclo di nascita e morte, confluirete nell’eternità, e sicuramente godrete della Beatitudine Eterna (Brahmananda).

    Quindi, cari cercatori spirituali, praticate il Kriya. Il tempo è agli sgoccioli. La morte ci aspetta a braccia aperte. Quindi, alzatevi, svegliatevi e cominciate la pratica del Kriya a partire da oggi.

    Capitolo 7

    Effetti del Kriya Pranayam



    Nel corpo umano ci sono molte vene (nadi) che trasportano la Forza Vitale. In genere, queste vene sono parzialmente ostruite da bile (pitta secondo l’Ayurveda), muco (kafa secondo l’Ayurveda) e aria intrappolata (vayu sempre stando all’Ayurveda). In queste condizioni di blocco, le nadi non possono funzionare nel modo più efficiente. Quando si pratica pranayam, grazie alla forza del prana lo “sporco” viene pulito, e il prana (la Forza Vitale) può fluire liberamente verso tutte le parti del corpo. A questo punto, la Forza Vitale si fa sottile. La Forza Vitale (prana) diventa così sottile che si può spostare verso qualsiasi parte del corpo senza incontrare ostacoli, permettendo di mantenere la Forza Vitale e la mente in qualsiasi parte del corpo. Questo è il risultato di una pratica lunga e regolare. Dopo aver pulito tutte le nadi, per ultimo vengono purificate ida e pingala. Dopo questo passaggio, si apre la porta della sushumna. A questo processo viene dato il nome di purificazione delle nadi (Nadi shuddhi). Chi pratica, capirà.

    Quando la Forza Vitale diventa estremamente sottile, è possibile trattenere la Forza Vitale in qualsiasi parte del corpo, come anche toglierla. Per esempio, supponiamo che vi dobbiate far operare la mano, la gamba, o qualsiasi altra parte del corpo. Se togliete la Forza Vitale da quella parte specifica, risulterà “morta” e si potrete portare a termine l’operazione senza anestesia. Inoltre, non sentirete il minimo dolore. Potrete entrare a piacimento nello stato di assenza di respiro (kumbhak). Potrete provare il potere occulto mantenendo la Forza Vitale su un particolare chakra, ecc.

    Praticando Kriya Pranayam a lungo, ci saranno anche degli effetti visibili da fuori:


    • La voce diventa dolce e melodiosa
    • La pelle e l’espressione del viso saranno più morbide
    • La carnagione diventa più brillante
    • L’odore del corpo sarà profumatoi

    Oltre a ciò, il sadhaka accede anche a dei poteri occulti, quali:

    • Telepatia
    • Tutto ciò che il sadhaka pensa si avvera
    • Può vedere molto in lontananza
    • Può ascoltare suoni estremamente lontani
    Asta-siddhi arriva al sadhaka a uno stadio avanzato. Asta Siddhi, ossia gli otto poteri sovrannaturali, sono:

    • Anima: la capacità di diminuire le proprie dimensioni.
    • Mahima: la capacità di aumentare di dimensione.
    • Garima: la capacità di aumentare il proprio peso infinitamente.
    • Laghima: la capacità di diventare leggerissimi.
    • Prapti: la capacità di ottenere qualsiasi cosa.
    • Prakamya: la capacità di acquisire ciò che si desidera.
    • Isitva: essere Signori della creazione.
    • Vasitva: controllo sulle cose.


    Il sadhaka dovrebbe rendere questi poteri occulti a Dio, avanzando così sul cammino spirituale.

    Capitolo 8

    Riassunto di consigli per i Kriyaban



    Dio cerca di mettere alla prova i Kriyaban che hanno cominciato a praticare Kriya sadhana tramite l’aumento dei desideri e della lussuria. Sopraggiunge in modo da sfruttare le debolezze del sadhaka. Attacca e cerca di deviare il sadhaka dal cammino spirituale. Quindi, fate attenzione.

    All’inizio, la mente non ne vuole sapere di calmarsi, sembra impossibile. Ma i risultati li ottengono coloro che praticano con pazienza. Non c’è alcun dubbio in merito. Quando il cielo interiore comincia a brillare, la mente capirà dove concentrarsi. Ricordate, qualsiasi cosa vediate, mantenete lo sguardo fisso al centro di essa. Ripeto ancora una volta che bisogna praticare il Kriya stando seduti immobili, senza alcuna preoccupazione nella mente, fissando pacificamente lo sguardo solamente sul Kutastha, senza sforzare gli occhi. Così facendo, pranaba Jaba deve continuare lungo i Sei Chakra come consigliato. Ciò viene descritto nelle scritture come ajapa japa. Alcuni pensano che Bhagawan Buddha, Shri Chaitanya, Kabir, Guru Nanak ecc. diedero la medesima tecnica ai loro discepoli. Orbene, ci si potrebbe chiedere qual è la ragione per cui si sottolinea così tanto l’importanza di concentrarsi sul Kutastha. Immaginate di voler chiamare qualcuno in mezzo a una folla; in questo caso dovrete guardare la persona e chiamarla per nome. Se guardiamo in un’altra direzione, alla persona sembrerà che stiamo chiamando qualcun altro. Allo stesso modo, Dio risiede nel Kutastha, quindi dobbiamo chiamarLo concentrando lo sguardo sul Kutastha.

    Mediante la pratica di questa tecnica, la mente si concentrerà sul Kutastha e in seguito la Forza Vitale, la mente, il corpo e gli occhi saranno calmi. Poi andate su fino al sahasrara perforando il Kutastha mediante questa sottile Forza Vitale. Ciò che viene dopo, lo capirete da soli. A quel punto, la Mente diventa il Guru, e vi dirà cosa fare. Quando si raggiunge questo punto, le istruzioni necessarie appariranno o nella mente come un lampo, oppure appariranno nel Kutastha sottoforma di parole scritte, oppure al sadhaka potrà sembrare che qualcuno stia sussurrando le istruzioni all’orecchio. Con la perforazione del Kutastha termina la Kriya sadhana nei Sei Chakra.

    Il Kriya corretto dovrà essere praticato almeno sei ore al giorno per ottenere uno sviluppo spirituale rapido (come regola).

    Capitolo 9

    Alcuni spunti sui Kriya Superiori




    I Kriya Superiori vengono automaticamente derivati dal sadhaka mediante una pratica sincera del primo Kriya. Quando il sadhaka entra nella sushumna con l’aiuto della Forza Vitale sottile e della mente ed è in grado di mantenere il sukshma prana (di natura estremamente sottile) in uno qualsiasi dei Sei Centri collocati lungo la colonna, oppure a piacimento in qualsiasi parte del corpo, si ritiene che sia entrato nello stadio del Secondo Kriya. A questo stadio, il prana è sotto il totale controllo del sadhaka, che può passare automaticamente dal primo al secondo Kriya.

    Il primo e il secondo Kriya si praticano al di sotto del Kutastha. Il terzo Kriya invece si pratica nel Kutastha. Nel terzo Kriya, il sadhaka percepisce chiaramente e ininterrottamente Anahata Nada (suono). I Kriya dal quarto in poi (quinto, sesto, ecc.) vengono chiamati Kriya della Forza Vitale sottile (Sthir Vayur Kriya). Questi Kriya hanno luogo nel sahasrara, e hanno in comune tra loro il fatto che non si praticano con l’aiuto della Forza Vitale, ma mediante l’intelletto, e successivamente con jivatma (spirito individuale). Infine, jivatma si fonde con Paramatma (Spirito Eterno) nel Paramatma Khestra. Quindi, mediante una pratica corretta e sincera del primo Kriya per degli anni, gli altri Kriya vengono automaticamente comunicati al sadhaka.

    Capitolo-10

    Chaturthik Kriya Pranayam



    Finirò il libro con alcuni punti per i Kriyaban avanzati. I Kriyaban che hanno aperto la sushumna possono praticare Chaturtik Kriya Pranayam. Dopo aver praticato il Kriya Pranayam nei Sei Chakra, sedete in pace per un po’ in Parabastha. Concentratevi sul centro di ajna chakra. Respirando naturalmente, entrate in sushumna, fate un’inalazione all’interno di sushumna con un pranaba e senza trattenerlo, espirate con un altro pranaba. Ciò si chiama Chaturthik Pranayam. Quindi, questa tecnica di inspirare con un pranaba e di espirare con un altro pranaba si chiama Chaturthik Pranayam. Questo Pranayam va praticato finché non ci si dimentica di sé e si raggiunge il samadhi (Yoga Nidra). Se mantenete lontani tutti i desideri, e mantenete la devozione e la fede solamente per Dio pregando per le Sue benedizioni, senza dubbio raggiungerete lo stato di samadhi. Vengono richieste solamente devozione e pratica sincera.



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