Ho visitato molti ashram di
Kriya Yoga e sono rimasto sorpreso dal modo
di impartire
diksha (iniziazione) e da come vengono insegnate le tecniche.
L’iniziazione data nel nome del
Kriya Yoga non
è per nulla
Kriya Yoga. È uno yoga completamente inventato. Nessuno può progredire sul sentiero
spirituale con questo tipo di iniziazione. Piuttosto, il ricercatore perderà sia tempo che fede. Il termine
“
Kriya Yoga” viene usato per fare soldi sia in India che in occidente. Gli individui che lucrano su
queste attività hanno costruito grandi ashram e templi, vivendo nel lusso.
Non è possibile diventare un
Sanyasi semplicemente avendo i capelli
lunghi o la barba, vestendosi con una veste color zafferano o cantando mantra sacri.
Sri Ramakrishna Paramahansa definì
Sanyasi come
colui o colei che ha ottenuto il distacco dal piacere sessuale
(
kamini è la parola usata in Bengali) e dal
piacere del benessere materiale (
kanchan in Bengali). Una persona di
questo tipo ha percorso l’80% del cammino verso Dio.
Il mio onorato
Gurudev Shri Shri Gyanendranath Mukhopadhyay (Mukherjee),
venerato Gyana Maharaya, 5-7 giorni prima del suo
mahasamadhi mi disse che
una persona è un vero
Sanyasi se ha portato a termine tutto il lavoro.
Poi indicò con un dito sé stesso, dicendo: “Un autentico
Sanyasi è seduto davanti a te. Ho compiuto tutto il lavoro (nel senso
che aveva completato tutto il lavoro sui sei
chakra e sul
sahasrara,
il loto dai mille petali collocato alla sommità del cervello); non mi
resta altro lavoro da fare. Adesso mi sto godendo la pensione datami da Dio.”
Prima del
mahasamadhi disse anche: “Questa à la mia ultima nascita.”
Quindi, rinunciare al desiderio sessuale e alla ricchezza, oltre a compiere tutto il lavoro
(
karma-tyag in bengali: significa completamento di tutti i
Kriya e i
mudra
effettuati sui sei
chakra e sul
sahasrara), non
è facile. Per questo motivo è necessario praticare Kriya correttamente.
Yogiraj Lahiri Mahasaya scrisse a uno dei suoi discepoli che praticare
due
Pranayam correttamente è meglio che farne duecento in
maniera errata. Si può ottenere il distacco dai desideri mediante la pratica
corretta di questo
Kriya Pranayam. A meno che non si esegua
perfettamente il
Kriya Pranayam (
Uttam Pranayam), non è possibile
ottenere una compresione spirituale profonda e sottile.
Per raggiungere tale stadio di perfezione nel
Kriya Pranayam
bisogna praticare il
Kriya Yoga giorno dopo giorno, mese dopo mese,
anno dopo anno. Per questo bisogna avere pazienza e fede.
Una volta che si raggiunge lo stadio del
Kriya Pranayam perfetto,
è molto facile concludere il resto del percorso spirituale.
Per questa ragione, all’inizio viene richiesto di praticare con pazienza.
Poi si raggiunge lo stadio di piena beatitudine e ci si dimentica del
proprio passato nel mondo.
Ho visto che subito dopo l’iniziazione in molti cominciano a praticare
Kriya per
alcuni mesi pieni di zelo e di entusiasmo.
Ma visto che non ottengono nessuna sensazione o visione spirituale,
perdono interesse e abbandonano la pratica del
Kriya,
ricominciando a vivere in modo ordinario.
Dovrebbero ricordare ad ogni modo che per ottenere risultati in qualsiasi tipo
di lavoro sono richieste perseveranza e pazienza.
Non è possibile ottenere l’illuminazione spirituale come per magia.
È per questo motivo che il Signore Sri Krishna dette istruzioni
nella
Srimad Bhagavad Gita secondo cui bisogna compiere il lavoro senza
alcun tipo di attaccamento nei confronti del risultato (
nishkam
karma). Cosa significa
nishkam karma? Vuol dire praticare
il
Kriya correttamente e seguendo le istruzioni del
Guru senza
preoccuparsi dei risultati. I risultati arriveranno sicuramente, ma all’inizio è
obbligatorio avere perseveranza, pazienza e fede.
Praticando in questo modo, si finirà il
Kriya nei Sei
Chakra (perforando il nodo di
ajna chakra) e potranno
cominciare il
Kriya della devozione (
Bhakti) e della
conoscenza (
Jnana) nel
sahasrara.
Il
Kriya Yoga dovrebbe essere appreso direttamente da un
Guru.
Per questo motivo viene chiamato
Gurumukhi Vidya, che significa conoscenza da ottenere direttamente
dalla bocca del
Guru. Non si
dovrebbe cercare di praticarlo dopo aver letto dei libri. È pericoloso.
Perciò, prima di tutto ottenete
l’iniziazione da un
Guru autentico (
Satguru), capite bene
le tecniche e cominciate la pratica.
Persone di ogni appartenenza religiosa possono praticare
il
Kriya Yoga perché il
Kriya Yoga è una sadhana dell’Onnipotente.
Nel
Kriya Yoga non c’è bisogno di usare strumenti terreni
come bastoncini d’incenso, fiori, foglie, conchiglie, campane ecc. che di
solito si usano per adorare le divinità. Piuttosto, un
Kriya Yogi usa
solamente il proprio corpo, la Forza Vitale (
Prana), la mente e i
mantra.
Dato che questa Sadhana si basa completamente sul modo spirituale interiore,
non c’è alcun legame con il mondo esterno.
Nel mondo esterno la mente è dispersa.
La tecnica mediante la quale la mente entra nel mondo
spirituale interiore con l’aiuto della Forza Vitale sottile
viene chiamata
Kriya Yoga.
Il modo di prendere questa forza dal mondo esterno e di portarla
al mondo interiore viene descritta nel prossimo capitolo.
Se si pratica il Kriya Yoga seguendo le procedure corrette,
il/la praticante può progredire rapidamente
lungo il cammino spirituale. Comincerà a fare esperienza della visione interiore e delle sensazioni
spirituali. Raggiungere l’obiettivo è molto facile. Se si pratica correttamente, è possibile ottenere la
salvezza in questa nascita o durante la prossima.
Invece, ottenere la salvezza con il Mantra Yoga è un processo lungo.
Nel Mantra Yoga la visione interiore diretta e le sensazioni spirituali
si ottengono molto tardi, sempre che si ottengano.
Nel Kali Yuga (l’attuale epoca materialista viene detta Kali Yuga), la
durata della vita umana è molto limitata.
Perciò credo che la pratica del Kriya Yoga sia il miglior modo di ottenere
un rapido progresso spirituale e di raggiungere la salvezza.
Perché dovremmo praticare il Kriya Yoga?
Si dovrebbe praticare il Kriya Yoga per liberarsi una volta per
tutte dal dolore ciclico di nascita e morte.
Inoltre, nella nostra vita dalla durata limitata tutti quanti
soffriamo di dolore terreno. Da un lato, con l’aiuto del velo (Maya)
e l’attrazione verso il mondo materiale (moha: oblio della natura del vero
sé) Dio ha creato una schiavitù per gli esseri umani, che diventano
prigionieri di questo mondo di
nascita e morte.
Dall’altro lato, Dio ci ha dato il modo di diventare liberi.
Ha dato agli esseri umani l’intelligenza e la mente logica per poter
decidere quale strada scegliere.
Se non vi emancipate dall’attrazione per il mondo materiale ora,
quando lo farete?
Per un po’ di gioia momentanea, l’essere umano dimentica la gioia e la
beatitudine eterna.
Non c’è tempo da perdere, quindi non perdiamone altro e muoviamoci
nella direzione della salvezza.
Il Kriya praticato in questa vita viene conservato per la prossima,
e gli sforzi profusi nel Kriya Yoga non sono mai invano.
Altrimenti ve ne andrete a mani vuote verso le tenebre sconosciute della morte.
Il Signore Sri Krishna pronunciò quanto segue nella Srimad Bhagavad Gita:
"Nehavikramanasti pratyabayo na bidyate salpamapasya dharma trayate mahato vayat" (2:40)
“In esso nessuno sforzo è perduto, né c’è alcun danno (la produzione di
trasgressioni o di risultati contrari). Anche un po’ di questa conoscenza
(anche una piccola pratica di questo Yoga) protegge da grandi timori.”
(Sia lo stato di nascita che quello della morte sono molto dolorosi e
terrificanti. Prima della nascita, il bambino si trova nell’utero
della madre in una posizione molto scomoda.
La morte è ancora più dolorosa,
perché da un lato il morente sente il dolore causato
dall’attaccamento terreno a persone e cose.
Soccombe al respiro, ma non riesce a respirare.
Inoltre, dopo essere morto entra in uno stato di completa
oscurità in cui non capisce in che condizione si trova).
Se pratica correttamente Kriya Yoga ma non raggiunge la salvezza in
questa nascita, otterrà nuovamente il Kriya Yoga nella prossima
rinascita e raggiungerà molto facilmente gli stadi ottenuti
nell’incarnazione attuale. Quindi, non gli resterà che percorrere la parte restante.
Siddharta abbandonò il suo regno e la vita nel lusso dopo aver visto
la sofferenza provocata da vecchiaia, malattia, morte ecc.
Si immerse in una Sadhana profonda, mediante la quale ottenne il Nirvana e
diventò Gotama il Buddha.
Si era reso conto che un giorno avrebbe dovuto affrontare quelle
stesse sofferenze, quindi abbandonò ogni attaccamento ai piaceri mondani.
Dimenticò il suo passato e cominciò a praticare yoga sadhana con rinnovato
entusiasmo e zelo.
Gli stati mentali possono essere classificati in cinque stadi.
Il primo stadio è quello della pazzia, in cui
la mente non riesce a capire la propria condizione né dove si trova.
In questo stato, la mente si riempie di modelli di pensiero che una
mente normale non riuscirebbe nemmeno lontanamente ad immaginare.
Swami Vivekananda attraversò questa fase e la menzionò in uno dei suoi libri.
Il secondo stadio è la sensazione di completa irrequietezza,
in cui la mente dondola da un oggetto
materiale all’altro.
Nel terzo stato, la mente alterna fasi di irrequietezza a fasi in cui cerca di
concentrarsi per rimanere statica.
Dato che in questo stato la mente sfiora anche solo per qualche
istante la fase statica, la realizzazione divina inizia da qui.
Il quarto stato della mente è lo stato di concentrazione,
in cui la mente si concentra su uno specifico
oggetto spirituale o chakra.
Il quinto stato della mente è quello del samadhi, in cui la mente perde la
propria esistenza divisa e indipendente (come entità)
e si fonde in completa beatitudine.
La vera e propria realizzazione spirituale comincia nel terzo stadio,
perché in tale stadio la mente resta a tratti
statica. Lo stato della mente irrequieta corrisponde al vizio,
quello di mente statica alla virtù. Perciò,
per favore, propendete per lo stato statico.
Sicuramente ne deriveranno benedizioni (Kripa).
Anche l’uomo comune può raggiungere lo stato di un grande sadhaka
in seguito a una Sadhana compiuta in diverse vite, ottenendo lo stadio di
eterna beatitudine (Brahmananda). Perciò, dovremmo seguire il percorso
segnato da queste persone eccezionali e praticare così come ci hanno suggerito.
Ma state attenti a una cosa: quando avanzate lungo
il percorso del Kriya Yoga, qualsiasi visione o
sensazione spirituale otteniate, anche se per errore,
non dovreste mai condividerla con nessuno oltre al
vostro Guru.
Vi arriveranno diversi poteri occulti (Vibhuti),
ma non dovreste accettarli. (Vengono
descritti nel Capitolo 7).
Se accettate questi poteri, verrete sviati dal sentiero spirituale e non potrete progredire oltre nel
cammino. Avrete compiuto tutta la sadhana invano.
I poteri occulti vengono offerti solamente da Dio,
che testa in questo modo se il sadhaka
è veramente alla ricerca di Dio, oppure se quello che cerca sono
i poteri occulti.
Se desiderate questi poteri, potrete ottenere fama,
denaro e prestigio sociale.
Tutto ciò provocherà una crescita dell’orgoglio e dell’arroganza,
portandovi alla rovina. State attenti, altrimenti
rovinerete il vostro stato sia prima che dopo la morte.
Quindi, state attenti. Praticate la sadhana in
privato; nessuno dovrebbe vedere quello che fate.
Quelli che hanno paura di fantasmi e spiriti dovrebbero sapere
una cosa: quando praticate il Kriya,
nessuno spirito o fantasma può penetrare entro circa 450
metri dalla vostra circonferenza. Quindi, se
vedete o sentite qualcosa che vi spaventa,
percepitelo solamente come spirituale.
Non dovete avere paura di spiriti o fantasmi.
A volte, all’inizio, mentre si pratica Kriya,
nella stanza è possibile percepire
un buon odore di incenso o di fiori,
come al tempio o in chiesa.
Tutte queste cose accadono al sadhaka
mentre entra nel mondo spirituale sottile.
Cos’è il Kriya Yoga Originale?
Kriya Yoga, Raja Yoga o
Brahma Vidya
(studio di
Brahma) sono la stessa cosa.
L’onorato Babaji Maharaja (che è ancora in vita oggi
all’età di circa 500 anni) dette questa eccellente
sadhana al suo più caro discepolo, l’onorato
Yogiraj Shyamacharan Lahiri Mahasaya,
per mostrare il cammino di illuminazione alle persone comuni dell’attuale
era materialistica.
Il Signore Sri Krishna dette questo
Kriya Yoga al suo
discepolo più amato, Arjuna.
La descrizione dettagliata di questa tecnica è stata
spiegata stupendamente dal mio
Gurudeb Shri
Shri Gyanendranath Mukhopadhyay (Gyana Maharaja)
nella sua opera
Pranab Gita. Il libro
Pranab Gita
venne scritto dal mio
Gurudeb e si basa sulla sua
illuminazione spirituale e sui consigli spirituali da parte
del guru del mio guru,
Gurudeb Pranabananda
Paramhansa [Paramhansa Pranabananda fu il successore spirituale
di Yogiraj Shyamacharan Lahiri].
Yoga Sadhana si divide in otto livelli: controllo dei sensi (
yama),
disciplina ferrea (
niyama), postura corretta (
asana),
controllo delle forze Vitali (
pranayam), ritiro dai sensi esteriori (
pratyahar),
concentrazione della mente su un particolare oggetto o pensiero (
dharana),
sprofondare fino quasi a fondersi con la Verità Eterna (
dhyana).
Successivamente, il
sadhaka si fonde con la Verità Eterna e
diventa quella (
samadhi).
Malgrado il fatto che questi livelli siano comuni sia al
Kriya Yoga che al
Raja Yoga, ci sono anche alcune differenze.
Ci sono alcuni mudra e tecniche particolari che vengono incluse nel
Kriya Yoga a
beneficio della pratica del
Kriya – ad esempio
Mahamudra,
Khechari Mudra, Yoni Mudra, e oltre a questi
Navi Kriya, primo
Kriya,
secondo
Kriya, terzo
Kriya, quarto
Kriya,
Granthi Veda Kriya
(
Kriya per la perforazione dei nodi),
ida-pingala sodhan Kriya
(
Kriya per la purificazione di
ida e
pingala nadi) ecc. ecc.
Dal
Patravali di Lahiri Mahasaya (
Ghirlanda di Lettere) veniamo a
conoscenza del fatto che scrisse a uno dei suoi discepoli che “Tutto è ottenibile
con il primo
kriya.
Parabastha e l’intossicazione Divina,
c’è tutto nel primo
Kriya.” Il mio
Guruji diceva inoltre che è
possibile raggiungere il
samadhi anche solo con il primo
Kriya.
Al giorno d’oggi, alcuni individui hanno dato vita ad attività commerciali in
India e in Occidente nel nome del
Kriya Yoga
(e anche nel nome del “
Kriya Yoga Originale”).
Per mostrare la propria superiorità nei confronti degli altri,
a questo semplice
Kriya Yoga hanno aggiunto molte tecniche non
necessarie e di difficile esecuzione.
Quindi, mi rivolgo ai lettori chiedendo di non cadere in queste
trappole commerciali.
Il primo
Kriya comprende
asana (sedersi in posizione corretta),
pranayam (
Kriya per il controllo della Forza Vitale),
Yonimudra, Mahamudra e
parabastha
(
pratyahar - ritiro della mente dai sensi esterni).
Praticando questo Kriya`è possibile raggiungere lo stadio di
dharana, dhyana e
samadhi. Avviene
tutto automaticamente.
L’unico requisito è amore verso Dio, devozione, e praticare il
Kriya
correttamente. Questo è il
Kriya originale impartito da Yogiraj
Shyamacharan Lahiri Mahasaya.
Diksha è come un seme, e la sadhana quotidiana di questi
kriya è come l’acqua.
Sia
diksha che
sadhana lavorano assieme per la crescita spirituale
del
sadhak. L’iniziazione non consiste solamente nella rivelazione delle
tecniche del
kriya. C’è di più. È il trasferimento della scintilla di
luce da un’anima a un’altra, e connette il
sadhak con il lignaggio di
Sri Lahiri Baba, Swami Pranabananda Giri e Sri Gyanendra Nath baba.
Questo trasferimento attiva l’energia divina dormiente all’interno del/della
sadhak e spinge la sua coscienza verso uno stato più positivo e sattvico.
Diksha/iniziazione è un evento estremamente segreto tra
Guru e discepolo!
Non viene mai eseguito in massa o in pubblico (né tantomeno online!).
Stabilisce un legame indistruttibile tra
Guru e discepolo.
Senza
diksha, la sadhana è inutile.
Il mistero del Kriya Yoga consiste nel concetto fondamentale
di oltrepassare i limiti della mente e dell’intelletto
mediante l’osservazione delle Forza Vitale (prana) e la fusione dello
spirito individuale (Jivatma) con lo Spirito
Eterno (Parmatma). Quindi, per prima cosa bisogna praticare il
Kriya facendo uso dei sei centri energetici lungo
la colonna vertebrale (Shat Chakra).
Poi, si perforano i chakra uno dopo l’altro e per finire si perfora l’ajna
chakra. Questo passaggio costituisce la fine della
pratica del Kriya nei sei centri energetici della colonna vertebrale.
Dopo questo, comincia il Kriya nel campo dell’intelletto
(Budhi Kshetra) e nel campo dell’Eternità (Parama Kshetra).
Tutto ciò accade con il Kriya Yoga.
Prima di venire a come bisognerebbe praticare il Kriya Yoga, è
necessario capire chiaramente qual è il rapporto tra la Forza
Vitale (prana), mente (mana),
intelletto (budhhi),
spirito individuale (Jivatma) e spirito eterno (Parmatma).
Se l’inalazione e l’esalazione del respiro diventa
frequente e fuori controllo, la mente si agita.
D’altra parte, se la mente si agita, la respirazione diventa frequente
e fuori controllo. Sia la mente che il respiro sono interdipendenti.
Dato che la natura del respiro è di natura densa (sthula in sanscrito),
mentre quella della mente è sottile (sukshma in sanscrito),
è facile controllare prima il respiro perché mediante il controllo
dell’elemento denso è più facile controllare quello sottile.
È questa la ragione per cui è necessario in primo luogo controllare il respiro
con l’aiuto del pranayam. Poco a poco, diventerà sottile.
Inoltre, si dovrebbe chiarire a livello concettuale il rapporto e le
differenze che intercorrono tra respiro, Forza
Vitale e mente, altrimenti ci si confonderà. Il respiro è controllato
dalla Forza Vitale; comunque, esso non può
essere definito come Forza Vitale diretta. La forza, o l’energia,
che ci aiuta a incanalare aria nell’inspirazione e a
espellere l’aria con l’espirazione non è altro che la Forza Vitale.
Questa Forza Vitale è distribuita lungo tutto il corpo.
Tutti gli organi interni sono controllati da questa Forza Vitale.
È per questo motivo che se manca la Forza
Vitale gli organi interni smettono di funzionare, e
il corpo in queste condizioni viene dichiarato morto. La Forza Vitale
può essere paragonata all’elettricità che fa funzionare il
motore (il cuore nel caso del corpo umano) e il
motore (il cuore) a sua volta fa funzionare la macchina (i polmoni).
Detto in modo più facile, si può spiegare così: inizialmente,
mediante il controllo della respirazione (pranayama),
il respiro dovrebbe passare da sottile a estremamente sottile. Lo stato
di questo respiro estremamente sottile equivale alla Forza Vitale.
Lo stato della Forza Vitale equivale alla mente, mentre lo stato
della mente sottile equivale all’intelletto.
A sua volta, lo stato sottile dell’intelletto equivale allo spirito
individuale (Jivatma), e lo stato estremamente sottile dello
spirito equivale allo spirito universale
(Parmatma).
Mano a mano che la Forza Vitale si fa più sottile,
prana vayu (respirazione) diventa estremamente sottile, e
non passerà attraverso il naso,
ma si muoverà all’interno del corpo attraverso la sushumna. In questa
condizione di kumbhak (*) il prana o Forza Vitale si
muove all’interno della sushumna e a poco a poco la mente
si fonde con la Forza Vitale; a questo punto, cominceranno a
muoversi insieme. Mediante questa Forza Vitale e
la mente, bisogna forare i sei chakra.
È stato visto che dopo aver forato ajna chakra non
sussiste più alcun rapporto tra mente e Forza Vitale. Dopo
questo punto, la mente diventa più sottile, fondendosi con
l’intelletto; è qui che comincia il Kriya nello spazio
dell’intelletto. In seguito al completamento del Kriya nello
spazio dell’intelletto, esso diventa sempre più sottile
e si fonde con lo spirito individuale (Jivatma).
A questo punto, è necessario portare lo spirito individuale nello
spazio dello spirito eterno (Parmatma) e
fondere Jivatma con Parmatma. Infine, è necessario
forare mula chakra e sommergersi nel Brahma senza forma
(Nirguna Brahma).
A questo stadio viene dato il nome di Brahmalin.
(*) KUMBHAK: ora descriverò ai lettori la scienza di
questa respirazione sottile. Un uomo comune respira
21.600 volte a giorno,
che equivale a 15 volte al minuto (in condizioni normali).
Dopo l’espirazione, l’aria
percorre la lunghezza di 12 dita dalle narici. Se una persona
riesce a ridurre la lunghezza di questo percorso di 1
dito, ne conseguirà una riduzione del ritmo della
respirazione di 1.25 volte al minuto (ad esempio quando la
distanza percorsa dall’aria dell’espirazione è di 11 dita,
il ritmo dell’espirazione sarà di 13,75 al minuto). Così, il
ritmo della respirazione arriva a zero quando il respiro non esce dalle narici.
Questo stadio è definito kumbhak.
Praticando kumbhak, la longevità aumenta.
Alla nascita ci è assegnato un numero fisso di respiri che abbiamo a
disposizione per tutta la vita (tale quantità viene stabilita
dall’Onnipotente). Nelle scritture, le attività che fanno aumentare
il ritmo della respirazione vengono chiamate vizi in quanto
riducono la durata della vita; le attività virtuose invece sono
quelle che rendono la mente tranquilla, e che quindi fanno diminuire
il ritmo della respirazione. Dato che non vi è respirazione durante
il kumbhak, la durata della vita si allunga. Secondo le scritture,
nel Kali Yuga la durata della vita di una persona comune è di 124 anni,
e si riduce a causa dei ritmi
frenetici della vita moderna, l’inquinamento,
le abitudini alimentari e lo stress. Ad ogni modo, il kumbhak
allunga la vita degli yogi.
Come descritto in precedenza, ci sono otto livelli in comune
tra Kriya Yoga e Raja Yoga. Essi sono: controllo dei
sensi (yama), disciplina ferrea (niyama), postura corretta
(asana), controllo della Forza Vitale (pranayam),
ritiro dai sensi esteriori (pratyahara),
concentrazione della mente su un particolare oggetto o pensiero
(dharana), sprofondare fino quasi a fondersi con la Verità Eterna
(dhyana), e per ultimo il/la sadhaka diventa
una cosa sola con la Verità Eterna (samadhi).
I primi cinque livelli, ovvero yama, niyama, asana, pranayam e
pratyahara vengono compresi nel Karma Yoga (Yoga dell’azione),
mentre dharana, dhyana e samadhi sono
Kriya che si svolgono nel campo dell’intelletto (buddhi) e del
divino (paramkhetra). Quindi, si tratta di Kriya
della devozione e della conoscenza, o anche Kriya
effettuati nel sahasrara.
YAMA: La prima cosa importante è il cibo.
Se il cibo assunto dal/dalla sadhaka
non è di natura sattvica, non è possibile alcun miglioramento spirituale.
Questo perché, se il corpo si agita, anche la mente si agita. Quelli che
seguono sono esempi di cibo sattvico (bisogna far notare che alcuni
cibi non dispongono di traduzione in italiano): zucca appuntita
(Parwal in hindi o Patal in bengali), saak (verdure a foglia verde),
Chana dal (zuppe di
legumi, N.d.T.), fagiolo indiano verde/fagiolo mungo verde,
caiano (un tipo di legume simile alla lenticchia
rossa, N.d.T.), carboidrati (Sarkara), latte, latte condensato (Kheer),
ghee (burro chiarificato, N.d.T.), frutta, ecc.
(Nota al lettore: verdura e frutta sono considerati cibi sattvici).
Per chi è abituato a mangiare cibo non vegetariano,
è possibile mangiare pesci di piccola taglia. A seguire degli
esempi di cibo rajasico: uova, pollo/cappone, cipolla, aglio,
senape, finocchio fetido (Hing), ecc. Questi cibi
creano agitazione nel corpo e nella mente, distruggendo lo stato di
quiete, quindi vanno evitati. Se si
consumano, calerà un velo sull’occhio apirituale (abaran) oppure
avverrà come una deviazione o un
respingimento (bikshep) (di questi termini parleremo più
approfonditamente nella sezione dedicata al PRANAYAM).
Esempi di cibo tamasico (cioè che provoca tamas guna nel corpo):
cibo confezionato o già pronto, cibo troppo amaro, troppo caldo o
troppo freddo. Tamas guna provoca pigrizia,
sonnolenza e mancanza di entusiasmo nel corpo.
A parte questi accorgimenti, viene consigliata la lettura di libri
spirituali, la compagnia di persone spirituali, le
conversazioni in merito a temi spirituali, e mantenere un
comportamento onesto. Bisognerebbe leggere un
passo della Gita quotidianamente.
Bisognerebbe evitare assolutamente di prendere parte in
discussioni su altre persone e di criticare gli altri. Non
bisognerebbe essere troppo dipendenti dagli altri.
Non è desiderabile spettegolare o prendere parte in dispute.
Non bisognerebbe lavorare fino allo sfinimento o guardare la televisione né film.
In generale, bisognerebbe essere ciechi, sordi e muti
(ciò significa non vedere nulla di negativo, non dire nulla
di negativo e non ascoltare nulla di negativo).
Può essere difficile, ma è possibile. Oltre a seguire queste
indicazioni, anche il celibato sessuale (Brahmacharya)
è importante, altrimenti non sarà possibile percepire le
sensazioni spirituali sottili del mondo interiore.
Non bisognerebbe mangiare a stomaco pieno. In altre parole,
bisognerebbe mangiare fino al punto in cui c’è
ancora un po’ di spazio nello stomaco (bisognerebbe smettere di mangiare
quando si ha ancora un po’ di
appetito). Pranayam non avverrà in coloro che assumono cibo in eccesso.
Non bisognerebbe praticare il Kriya
prima di 5-6 ore dopo un pasto. Se si seguono queste indicazioni,
è possibile progredire rapidamente lungo il
sentiero spirituale. All’inizio si potrebbe essere scoraggiati o
demotivati (questo stato del sadhaka è descritto
nel primo capitolo della Sri Bhagavad Gita: “Arjuna Vishada Yoga”),
ma quando si comincia a percepire la
beatitudine spirituale, le gioie terrene diventano insignificanti.
NIYAMA (DISCIPLINA): il Kriya quotidiano dovrebbe essere
praticato alla stessa ora e per la stessoa durata
temporale: “Se qualche giorno provo gioia durante il Kriya,
allora quel giorno allungherò la pratica” o “un altro
giorno non provo nessuna gioia facendo Kriya, quindi ne farò di meno.”
Praticare il Kriya in questo modo non
sarà di aiuto. Il Kriya quotidiano dovrebbe essere praticato seguendo
una disciplina ferrea. Ma ad ogni modo,
man mano che si pratica, anche la pratica di
Kriya si allungherà spontaneamente.
Bisognerebbe praticare Kriya con la mente priva di preoccupazioni.
Ciò aiuterà a fare rapidi progressi lungo il sentiero del Kriya.
Il Kriya quotidiano dovrebbe essere praticato almeno due volte al giorno.
Se si pratica Kriya ogni giorno alla stessa ora,
si noterà che a quell’ora la mente si calma automaticamente. In uno stadio avanzato
si può praticare Kriya quando si vuole, e per quanto che si vuole,
perché a questo stadio sia la mente che il
Prana sono sotto il controllo del sadhaka.
Il peggior nemico della pratica del Kriya è il rumore, pertanto
bisognerebbe praticare in un ambiente calmo e senza rumori.
ASANA: ora parliamo di
asana (posizione in cui sedersi durante la sadhana).
Esistono molte posizioni diverse, ma per il Kriya va
praticata Siddhasana o Swastikasana,
dato che sono le migliori e le più semplici.
Dopo essersi seduti secondo l’asana, si deve inalare a pieni
polmoni e stare seduti mantenendo l’espansione
del petto. Le mani vanno mantenute aperte. La posizione o asana
deve rispettare lo stato di Samakaya Siragriba: sama significa “lungo la
stessa linea retta”, kaya significa corpo, sira significa testa e griba significa
spalle. Vuol dire quindi che la colonna e la testa vanno
mantenute lungo la stessa linea retta. Il mento va abbassato leggermente,
verso la gola.
A questo punto bisogna praticare per mantenere il corpo
completamente immobile, dato che se il corpo non
raggiunge la completa immobilità non è possibile praticare
correttamente pranayam. Il supporto su cui ci si
siede deve essere preferibilmente come segue: per primo un
cuscino di Kusha (Desmotachya bipinnata, N.d.T.),
su cui si adagia una coperta, sopra la quale si appoggia un
panno di seta. (al giorno d’oggi può essere
complicato ottenere Kusha; come alternativa è possibile usare
una coperta di lana bianca o comunque di colore
uniforme, sopra la quale andrà steso un panno di seta di buona qualità).
Durante la pratica di Kriya bisogna fare attenzione che nessuna
parte del corpo sia a contatto con il pavimento,
altrimenti questo assorbirà l’energia generata dalla pratica di
Kriya. Mentre si pratica il Kriya, bisogna stare
attenti che mastak granthi (il Nodo presente nella testa,
che si trova fisicamente nel midollo allungato) e
chakra ajna siano collocati parallelamente al suolo.
Se durante la pratica del Kriya si nota che il midollo
allungato scende e che il chakra ajna va verso l’alto,
è un indice che la mente non si trova
nel chakra ajna, ma
sta vagando da un pensiero all’altro.
Mentre si pratica Kriya bisogna prestare attenzione a ciò.
PRANAYAM: ora parliamo della parte principale
della sadhana, cioè del pranayam.
La sadhana presenta due ostacoli principali:
uno è abaran (velo sull’occhio spirituale) e
l’altro consiste in una deviazione/respingimento
(bikshep). Abaran copre Dio in modo simile
a una nuvola che copre il sole. Il sole resta sempre presente, ma
quando una nuvola lo copre sembra che il sole sia sparito.
Allo stesso modo, Dio è sempre presente nel
Kutastha, ma, per effetto di abaran,
non siamo sempre in grado di percepirLo.
Sotto l’effetto di bikshep invece,
se si prova a mantenere la mente laddove è presente Dio,
questa verrà deviata. Mediante la pratica del
pranayam e mantenendo una ferrea disciplina
di yama e niyama,
questo abaran (velo sull’occhio spirituale) svanisce
gradualmente e bikshep viene rimosso.
A causa di abaran, quando chiudiamo gli occhi,
non vediamo altro che oscurità. Il cielo interiore brillerà sempre
di più mano a mano che il velo di abaran svanisce,
e ci troveremo sempre più vicini a Dio.
Distruggere abaran e bikshep
è la fase più importante della sadhana.
Anche si ci sono molti tipi diversi di pranayama,
il pranayama naturale, cioè quello che riceviamo alla
nascita (Sahaja Pranayam), è il migliore.
Questo pranayam venne impartito dal
Signore Sri Krishna al suo amato discepolo Arjuna.
In questo pranayam all’inizio bisogna ricordare il
Pranab mantra (OM) su ogni chakra,
seguendo la naturale inspirazione ed espirazione.
Mentre si pratica il pranayam,
la mente deve restare fissa su Kutastha, cioè nel punto
centrale del chakra ajna. Il chakra ajna si trova nel punto
tra le sopracciglia.
All’inizio è molto difficile localizzare il punto centrale
di ajna chakra, il Kutastha, ed è per questo motivo che
l’attenzione dovrebbe essere mantenuta al centro delle sopracciglia,
concentrandosi sul centro di qualsiasi figura o forma che appaia.
Questa pratica va effettuata senza sforzare gli occhi,
e poi lo sguardo va fissato automaticamente al centro.
La mente non deve spostarsi da questo punto.
La tendenza della mente sarà quella di spostarsi,
ma bisogna riportarla sempre sul punto fisso tra lo sopracciglia,
praticando il Pranayam.
In questo modo, la mente e il prana
si muovono all’unisono nel punto tra le sopracciglia.
Questo processo viene descritto dal mio Onorato Gurudeb
come l’azione di mantenere la mente con il prana o Forza Vitale (prane
mon deoa in bengali).
Questo è il Kriya dei sei chakra. All’inizio non bisogna
forzare la respirazione in nessun
modo. All’inizio, le nadi nel corpo sono bloccate.
In queste condizioni, una respirazione forzata può causare
problemi e malattie. Ostacolerà anche lo sviluppo spirituale.
Come descritto, il Pranayam deve essere praticato
giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
Non bisogna perdere la pazienza.
È per questo che Thakur Ramakrishna (letteralmente,
Thakur significa Dio, ed è un termine usato in bengali per
riferirsi a una persona divina) disse “chi
ha pazienza sopravvive, ma chi perde la pazienza verrà
distrutto”. In questo modo, dopo aver
praticato pranayam a lungo, pranayam si fa dapprima
sottile, e poi estremamente sottile.
Un giorno la mente si fisserà sul punto tra le sopracciglia,
ma fino a quel momento bisogna continuare a
praticare il Kriya come appena descritto.
Quando la mente si stabilizza nel punto tra le sopracciglia,
il respiro diventerà estremamente sottile.
A questo punto, si deve forzare il respiro durante il
Kriya Pranayam. Poi, la
mente verrà travolta da una gioia immensa,
mai provata prima. Bisognerà praticare il Kriya fino a che non si
oltrepasserà la parte inferiore del Kutastha.
Non appena la mente va oltre il chakra ajna ha
termine il Kriya dei Sei Chakra.
A questo punto, la mente e la Forza Vitale si stabilizzano,
e il Kutastha sarà penetrato da una forza
sconosciuta (la forza di Dio), che poi farà salire la mente
e la Forza Vitale fino al sahasrara.
Gesù Cristo allude alla stessa cosa nella Bibbia,
“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto” (Matteo 7:7).
In questo passo Gesù non ha indicato nessuna porta di legno. È la porta del Kutastha.
Con il Kriya Pranayam, il sadhaka bussa ogni giorno al centro delle porte dei
sei chakra, aprendoli uno ad uno, e poi raggiunge il centro di ajna chakra.
Il centro di ajna chakra o Kutastha può essere aperto solamente con
Kripa (benedizioni) da parte di Dio.
Egli vede che il sadhaka Gli è arrivato vicino, quindi apre la porta del chakra ajna
e porta il sadhaka al sahasrara.
Prima di perforare il Kutastha, il sadhaka mantiene la concentrazione sul
lato a est del corpo, e dopo averlo perforato,
si concentra sul lato a ovest [la parte anteriore del corpo è l’est,
mentre quella posteriore è l’ovest].
Bisogna ricordare una cosa: dopo la pratica dei
Kriya Pranayam e dei mudra non bisogna alzarsi subito.
Bisogna prima prendersi del tempo, da seduti, per concentrare la mente sul Kutastha.
Ciò viene chiamato Kriya del pratyahar o anche Kriya per
il ritiro dai sensi esteriori.
Quando si percepisce l’intossicazione divina o l’estasi,
non si deve praticare nessun Kriya. La mente resterà fissa sul
Kutastha. Il sadhaka sarà colmo di intossicazione
divina, dimenticandosi di sé. Sente di essere stato in una
condizione di beatitudine totale, ma non riesce a
ricordare esattamente lo stato in cui si trovava.
Non vorrà aprire gli occhi, farà fatica a parlare,
oppure non vorrà ascoltare nulla. Non proverà fame né sete.
Anche mentre cammina, i suoi passi non saranno
perfettamente fermi a causa del suo stato di intossicazione Divina.
Dopo questo punto,
i Kriya di dharana, dhyana e samadhi
potranno essere percepiti automaticamente nel
sahasrara.
Il Kriya Yoga che viene insegnato oggi è falso!
Non è il vero Kriya di Lahiri Baba. È un Kriya inventato!
Nel Kriya la parte più importante, l’anima della tecnica, è il pranayama,
che ai giorni nostri è stato completamente
inquinato dai cosiddetti guru del Kriya Yoga!
Il pranayama che viene insegnato è pericoloso non solo per la
mente del praticante, ma anche per il corpo!
Viene insegnato che bisogna forzare il respiro verso l’alto,
forzando l’inalazione e l’esalazione, e spostando
l’attenzione da un chakra all’altro all’interno della colonna!
Questa forzatura del respiro può provocare danni
temporanei alle nadi sottili del corpo, causando mal di testa
e malessere.
Questo è sbagliato. Ogni commento di Lahiri Mahasaya dice
“Porta l’attenzione su ajna chakra e lì stabilizza
il prana.” Questo è il vero Kriya di Lahiri Mahasaya.
Nel Kriya genuino, la respirazione è leggera e gentile,
non comporta nessuno sforzo, mentre la mente resta fissa
su un punto per ottenere una maggiore
concentrazione. Tutto resta naturale!
Se praticate il Kriya con pazienza e fede cieca, giungerete al
risultato. Sarete liberi dal ciclo di nascita e morte,
confluirete nell’eternità, e sicuramente godrete della
Beatitudine Eterna (Brahmananda).
Quindi, cari cercatori spirituali, praticate il Kriya.
Il tempo è agli sgoccioli. La morte ci aspetta a braccia aperte.
Quindi, alzatevi, svegliatevi e cominciate la pratica del Kriya
a partire da oggi.
Nel corpo umano ci sono molte vene (nadi) che trasportano la Forza Vitale.
In genere, queste vene sono parzialmente ostruite da bile (pitta
secondo l’Ayurveda), muco (kafa secondo l’Ayurveda) e aria intrappolata
(vayu sempre stando all’Ayurveda). In queste condizioni di blocco,
le nadi non possono funzionare nel modo più efficiente.
Quando si pratica pranayam,
grazie alla forza del prana lo “sporco” viene pulito,
e il prana (la Forza Vitale) può fluire liberamente verso
tutte le parti del corpo. A questo punto, la Forza Vitale si fa sottile. La
Forza Vitale (prana) diventa così sottile che si può spostare verso
qualsiasi parte del corpo senza incontrare ostacoli, permettendo di
mantenere la Forza Vitale e la mente in qualsiasi parte del corpo.
Questo è il risultato
di una pratica lunga e regolare. Dopo aver pulito tutte le nadi,
per ultimo vengono purificate ida e pingala.
Dopo questo passaggio, si apre la porta della sushumna.
A questo processo viene dato il nome di purificazione
delle nadi (Nadi shuddhi). Chi pratica, capirà.
Quando la Forza Vitale diventa estremamente sottile, è possibile
trattenere la Forza Vitale in qualsiasi parte del
corpo, come anche toglierla.
Per esempio, supponiamo che vi dobbiate far operare la mano, la gamba, o
qualsiasi altra parte del corpo.
Se togliete la Forza Vitale da quella parte specifica,
risulterà “morta” e si potrete portare a termine l’operazione senza
anestesia. Inoltre, non sentirete il minimo dolore. Potrete entrare a
piacimento nello stato di assenza di respiro (kumbhak).
Potrete provare il potere occulto mantenendo la Forza Vitale su un
particolare chakra, ecc.
Praticando Kriya Pranayam a lungo, ci saranno anche degli
effetti visibili da fuori:
- La voce diventa dolce e melodiosa
- La pelle e l’espressione del viso saranno più morbide
- La carnagione diventa più brillante
- L’odore del corpo sarà profumatoi
Oltre a ciò, il sadhaka accede anche a dei poteri occulti, quali:
- Telepatia
- Tutto ciò che il sadhaka pensa si avvera
- Può vedere molto in lontananza
- Può ascoltare suoni estremamente lontani
Asta-siddhi arriva al sadhaka a uno stadio avanzato. Asta Siddhi,
ossia gli otto poteri sovrannaturali, sono:
- Anima: la capacità di diminuire le proprie dimensioni.
- Mahima: la capacità di aumentare di dimensione.
- Garima: la capacità di aumentare il proprio peso infinitamente.
- Laghima: la capacità di diventare leggerissimi.
- Prapti: la capacità di ottenere qualsiasi cosa.
- Prakamya: la capacità di acquisire ciò che si desidera.
- Isitva: essere Signori della creazione.
- Vasitva: controllo sulle cose.
Il sadhaka dovrebbe rendere questi poteri occulti a Dio, avanzando così sul cammino spirituale.
Dio cerca di mettere alla prova i Kriyaban che
hanno cominciato a praticare Kriya sadhana tramite l’aumento
dei desideri e della lussuria.
Sopraggiunge in modo da sfruttare le debolezze del sadhaka.
Attacca e cerca di deviare il sadhaka dal cammino spirituale.
Quindi, fate attenzione.
All’inizio, la mente non ne vuole sapere di calmarsi, sembra impossibile.
Ma i risultati li ottengono coloro che praticano con pazienza.
Non c’è alcun dubbio in merito.
Quando il cielo interiore comincia a brillare, la mente capirà dove
concentrarsi. Ricordate, qualsiasi cosa vediate,
mantenete lo sguardo fisso al centro di essa.
Ripeto ancora una volta che bisogna praticare il
Kriya stando seduti immobili,
senza alcuna preoccupazione nella
mente, fissando pacificamente lo sguardo solamente sul Kutastha,
senza sforzare gli occhi. Così facendo, pranaba Jaba deve
continuare lungo i Sei Chakra come consigliato. Ciò viene descritto
nelle scritture come ajapa japa.
Alcuni pensano che Bhagawan Buddha, Shri Chaitanya, Kabir, Guru
Nanak ecc. diedero la medesima tecnica ai loro discepoli.
Orbene, ci si potrebbe chiedere qual è la ragione per cui si
sottolinea così tanto l’importanza di concentrarsi sul Kutastha.
Immaginate di voler chiamare qualcuno in mezzo a una folla; in questo
caso dovrete guardare la persona e chiamarla per nome.
Se guardiamo in un’altra direzione, alla persona sembrerà che stiamo
chiamando qualcun altro. Allo stesso modo, Dio risiede nel Kutastha, quindi
dobbiamo chiamarLo concentrando lo sguardo sul Kutastha.
Mediante la pratica di questa tecnica, la mente si concentrerà
sul Kutastha e in seguito la Forza Vitale, la
mente, il corpo e gli occhi saranno calmi. Poi andate su fino al
sahasrara perforando il Kutastha mediante questa
sottile Forza Vitale. Ciò che viene dopo, lo capirete da soli.
A quel punto, la Mente diventa il Guru, e vi dirà cosa
fare. Quando si raggiunge questo punto, le istruzioni necessarie
appariranno o nella mente come un lampo,
oppure appariranno nel Kutastha sottoforma di parole scritte,
oppure al sadhaka potrà sembrare che qualcuno
stia sussurrando le istruzioni all’orecchio.
Con la perforazione del Kutastha termina la Kriya sadhana
nei Sei Chakra.
Il Kriya corretto dovrà essere praticato almeno sei ore al giorno per
ottenere uno sviluppo spirituale rapido (come regola).
I Kriya Superiori vengono automaticamente derivati dal sadhaka mediante
una pratica sincera del primo Kriya.
Quando il sadhaka entra nella sushumna con l’aiuto della Forza Vitale
sottile e della mente ed è in grado di mantenere il sukshma prana
(di natura estremamente sottile) in uno qualsiasi dei Sei Centri collocati lungo la
colonna, oppure a piacimento in qualsiasi parte del corpo, si ritiene che sia
entrato nello stadio del Secondo Kriya.
A questo stadio, il prana è sotto il totale controllo
del sadhaka, che può passare automaticamente dal primo al secondo Kriya.
Il primo e il secondo Kriya si praticano al di sotto del Kutastha.
Il terzo Kriya invece si pratica nel Kutastha. Nel terzo Kriya,
il sadhaka percepisce chiaramente e ininterrottamente Anahata Nada (suono).
I Kriya dal quarto in poi (quinto, sesto, ecc.) vengono chiamati Kriya
della Forza Vitale sottile (Sthir Vayur Kriya). Questi Kriya hanno
luogo nel sahasrara, e hanno in comune tra loro il fatto che non si praticano
con l’aiuto della Forza Vitale, ma mediante l’intelletto, e successivamente con
jivatma (spirito individuale).
Infine, jivatma si fonde con Paramatma (Spirito Eterno) nel
Paramatma Khestra. Quindi, mediante una pratica corretta e sincera del primo
Kriya per degli anni, gli altri Kriya vengono
automaticamente comunicati al sadhaka.
Finirò il libro con alcuni punti per i Kriyaban avanzati.
I Kriyaban che hanno aperto
la sushumna possono praticare Chaturtik Kriya Pranayam.
Dopo aver praticato il
Kriya Pranayam nei Sei Chakra, sedete in pace per
un po’ in Parabastha.
Concentratevi sul centro di ajna chakra.
Respirando naturalmente, entrate in
sushumna, fate un’inalazione all’interno di sushumna
con un pranaba e senza
trattenerlo, espirate con un altro pranaba. Ciò si
chiama Chaturthik Pranayam.
Quindi, questa tecnica di inspirare con un pranaba e di
espirare con un altro pranaba
si chiama Chaturthik Pranayam.
Questo Pranayam va praticato finché non ci si
dimentica di sé e si raggiunge il samadhi (Yoga Nidra).
Se mantenete lontani tutti i
desideri, e mantenete la devozione e la fede solamente per Dio
pregando per le Sue
benedizioni, senza dubbio raggiungerete lo stato di samadhi.
Vengono richieste solamente devozione e pratica sincera.
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